Figlia illegittima dell'archeologia, la necrofilia, che ha avuto minor fortuna della madre, trascende l'uomo al di là della sua animalità. Meno radicale del suicidio, ma ad esso simile in quanto atto trasgressivo, la necrofilia presenta il vantaggio di poter essere ripetuta senza tuttavia scadere nella routine, giacché le difficoltà pratiche che il necrofilo deve superare lo preservano da quel che di macchinale e di irriflessivo può avere l'appagamento della sua pulsione.
Infatti, pur scatenandosi con il favore delle circostanze, tale pulsione non può raggiungere i propri fini se non ricorrendo a stratagemmi, ardui da concepire e pericolosi da attuare, che innalzano il necrofilo al rango dei grandi amatori. Inventivo ed eroico come loro, il necrofilo però vive in un profondo isolamento sfidando, fiero della sua solitudine imperiale, tutti i pericoli e la morale benpensante.
L'amore necrofilo è senza alcun dubbio il solo realmente puro, infatti lo stesso amor intellectualis esige di essere corrisposto. Non v'è invece nessuna contropartita per il necrofilo, il dono di se stesso non suscita eco alcuna. Inoltre è un essere asociale e apolitico, che non soltanto viene condannato nel nome della morale conformista, ma viene perfino confuso con i violatori di tombe che il più delle volte agiscono mossi da un'ideologia razzista, nel quadro di una psicologia di massa.
[...]
Il lettore che venisse turbato dal mio testo non avrebbe colto dunque l'indissolubile legame tra la vita e la morte, e l'impossibilità di vivere felicemente rifiutando con ostinazione l'idea di dover morire. Probabilmente era proprio per questo che le cortigiane elisabettiane portavano al dito un anello su cui era raffigurato un teschio, affinché il simbolo di Thanatos fosse associato all'esuberanza vitale di Eros. Il terrore dell'annientamento viene annullato dai ritmi dell'esistenza quotidiana. Quando Ampleto si stupisce della gaiezza del becchino che stava scavando una tomba, Orazio gli risponde semplicemente: «Custom hath it in him a property of easiness.» Non potrebbe esser detto meglio.
Frankfurt a. M, Febbraio 1998
Gabrielle Wittkop