sabato 5 settembre 2015

Il vampiro del Folclore e il vampiro Gentiluomo





Nosferatu: molto più simile al vampiro del Folclore
Il vero vampiro è orribile a vedersi. Magro e peloso nello stato di veglia, diventa, quando giace ben nutrito nella sua bara, grasso e gonfio da scoppiare. Il sangue fresco gli cola allora dalla bocca, dal naso e dalle orecchie. La sua pelle è fosforescente e il suo alito è fetido.
Così scrive il vampirologo e demonologo Roland Villeneuve nel suo celebre testo "Loups-Garous et vampires" (Lupi mannari e vampiri). Citando la descrizione che dà del vampiro un altro vampirologo d'eccezione, Prospero Lambertini, alias Papa Benedetto XIV, in un testo settecentesco sulla canonizzazione dei beati che sviscerava la differenza tra l'incorruppitabilità dei corpi dei santi e quella, ben diversa, dei non-morti vampirici. 

Che cos'hanno in comune questi vampiri con quelli del cinema?

Ben poco. 
Il Vampiro - una delle prime edizioni
Ma è così che il vampiro che veniva rappresentato tra SETTECENTO E OTTOCENTO, sulla scia dell'epidemia di vampirismo che aveva colpito i paesi dell'Europa orientale e che era stata studiata, con abbondanza di testimonianze e di relazioni scritte, da vampirologi professionisti come Dom Augustin Calmet,
che pubblicò nel 1751 il suo trattato in due volumi sulle creature della notte.
Il vampiro gentiluomo, quello dal volto pallido e aristocratico, dalle maniere raffinate, dagli abiti eleganti, è un'invenzione letteraria più tarda. Fu John Polidori, il giovane medico di Lord Byron, a pubblicare, nel 1819, il suo breve romanzo "Il vampiro", in cui Lord Ruthven aveva le sembianze e il fascino ammaliatore dell'ammirato-odiato Lord Byron (che aveva licenziato in tronco Polidori qualche anno prima). 
Da questo illustre inizio, passando per la bella Carmilla di Lefanu è per il sinistro Varney dei fascicoli a puntate la carriera del vampiro ottocentesco raggiunse il vertice nel 1897 con il Dracula di Bram Stoker.

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